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Asparsa Yoga

"Il fuoco incolore" di Raphael

V'è, poi, un sentiero particolare, diremo, tutto speciale le perché non si pone sul piano delle distanze; in esso non vi sono cornici per cui occorre mettersi di colpo fuori della finestra e saper rimanere nell'imponderabile. Così, improvvisamente sei scalzato da tutti i tuoi sostegni, dai tuoi veicoli-corpi e dalle stesse qualità; è un sentiero che non poggia su nessuna delle cose note perché immediata- mente ti poni di là dalla quantità, dalla qualità, dalla causa, dall'effetto; quindi, dal tempo-spazio.

 

E' il sentiero della "freccia", è il sentiero metafisico, è la via del Fuoco incolore; nel Vedanta si parla di asparsa che vuol dire senza relazioni, senza alcun contatto, senza supporti o sostegni. Esso non è per tutti, anzi è per pochissimi e questi pochi devono anche fare attenzione perché è facile fraintendere cose che non poggiano né sulla concettualità, né sull'emozione, né sulla volontà e azione.

Per il sentiero non-sentiero metafisico bisogna avere audacia intelligente, bisogna essere pronti, occorre avere predisposizioni particolari per evitare il rischio di disperderti nel "nulla", di finire, lasciando dietro la tua finestra, col non trovarti né dentro né fuori casa.

Per esempio, se ti dico: « Non esiste né alba né tramonto, né chiaro né scuro », potrebbe mancarti la terra sotto i piedi perché per te questi fenomeni sono reali quanto la tua consistenza corporea. Però non ti sto parlando dal punto di vista della terra, che rappresenta la tua finestra, ma dalla prospettiva del sole. Ecco il punto cruciale di questo non-sentiero: di colpo ti parlo un linguaggio che non ti è noto, che non è tuo. Ora, saprai uscire dalla tua finestra terrestre, rimanere senza sostegni e lanciarti improvvisamente nel sole?

E ancora, se affermo: «Non vi è né nascita né dissoluzione, né aspirante alla liberazione né liberato, né alcuno che sia in schiavitù...» (Mandukyakiirika: II, 32), credo che potresti rimanere perplesso se non riesci a trovare la giusta posizione coscienziale e far tacere la mente empirica di relazione. 

[...]

35. «Non è possibile affermare, infatti, che qualcosa di reale giunga all'esistenza; né dire che un vaso non esistente in questo momento diventi esistente nel momento successivo perché ciò equivarrebbe ad enunciare una contraddizione. Non appena ci rendiamo conto del fatto che le cose non hanno alcuna esistenza assoluta, comprendiamo altresì che esse non possono produrre altre cose dotate di tale esistenza.

Pertanto, noi parliamo di cause soltanto a spese della logica, indulgendo cioè agli espedienti del soggetto e dell'oggetto, della sostanza e degli attributi, dello spazio e del tempo; ma, parlando in senso assoluto, non vi è ne causa ne effetto, ne produzione ne cessazione ». (S. Radhakrishna: La Filosofia indiana. Einaudi)

36. La Totalità o Unità può essere divisa solo logicamente. La molteplicità quantitativa dell'Essere rappresenta una semplice opinione inventata per comodità di riferimento egoico.

37. Se l'Assoluto è senza causa e senza moto, allora il Liberato che genere di causa e di moto potrebbe promuovere? Se le cose che percepisci, in te e fuori di te, non sono - perché appartengono alla sfera del contingente ed effimero, vale adire del non-essere -dimmi, da che cosa dovrai distaccarti? Se tu comprendi e sei l'unica e perfetta Realtà senza secondo, dimmi, da chi potrai attenderti aspettative, o di chi aver paura?

[...] 

55. D'altra parte, rifletti, l'Essere in quanto è - e non può non essere - non può divenire. Il divenire, in quanto diviene, non potrà mai Essere.

Come già accennato precedentemente, se un dato è Reale esso non può venire all'esistenza perché è già, se invece Reale non è, non può trovarsi necessariamente nell'esistenza. Un Reale che diviene non è concepibile perché sarebbe soggetto a crescita e diminuzione, a nascita e morte. E il non-reale, non avendo una sua ipseità, non può considerarsi un dato in assoluto.

 

E ciò che tu vedi e percepisci che cos'è? Tutto quello che vedi, dalla prospettiva dell'Essere, è movimento apparente il quale si risolve in linee, piani, volumi, che appaiono e scompaiono, che sono e non sono, che vanno e vengono. Che valore puoi dunque dare a ciò che è eppure non è, che appare e poi scompare? Se osservi per un attimo il sole che si specchia nell'acqua in movimento, potrai notare che non è il sole a muoversi ma l'acqua che, per la sua particolare natura, è soggetta a movimento- divenire. Però, un non-conoscitore può credere che non sia l'acqua a muoversi ma il sole riflesso. Così, non è l'Essere a muoversi, ma la sua sostanza-materia [...], per dirla col divino Platone, che, a sua volta, riflette le differenti rappresentazioni della Realtà.

Se, dunque, le cose non sono perché non sono Essere, dovrai convenire che soffermarsi, costringersi, asservirsi a dati che appaiono e scompaiono è da folli. Occorre, così, che tu distingua l'Essere dal non-essere in assoluto, e da ciò che, pur partecipando dell'Essere, non è l'Essere. Ora, se tu sei un ricercatore dell'ultima Realtà, o della sola e unica Realtà - perché di Realtà non puoi ammetterne parecchie -allora devi riconoscere che l'unica e autentica Realtà è l'Essere, e che tutto ciò che ad Esso risulta posteriore non è, né potrà mai Essere.

Se, inoltre, il conoscere una Verità implica la sua accettazione, e questo poi è ancor più valido per la Verità, allora ne convieni che non puoi non vivere e essere tale Verità. E se il tuo subconscio, quello collettivo o, puranche, quello universale ti propongono l'errore, tu, che oramai conosci e accetti il Vero, in che modo potrai contraddirti e disconoscerti cambiando contrada?

In verità, non ti rimane che una sola strada, quella dell'Essere, lasciando al mondo degli uomini, che si credono "divenire", i sofismi dell'opinione. 

 

Tratto da "La triplice Via del Fuoco" di Raphael - Ed. Asram Vidya

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