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Chi era Dioniso?
di Gilberto Camilla

Ayahuasca healing Ceremony

di Yaime Blanco

(da "Shaman's Drum" n.57)

ITALIA  CEU

SAGRADO

Non attua alcuna attività proselitistica ma esplica una funzione meramente informativa sugli aspetti religiosi, culturali e scientifici connessi al culto del Santo Daime

Pasquale Cardinale e "madrina" Sonia Dini, leader del Santo Daima in Brasile, durante una cerimonia con l'ayahuasca.

AYAHUASCA

CONSIDERAZIONI POLEMICHE
COMUNQUE AMICHEVOLI
di Ceu Sagrado Italia
INIZIAZIONE AL SANTO DAIME
di Ceu Sagrado Italia
IL GRUPPO DI Ur E LA VIA
INIZIATICA ALLA
PSICHEDELIA
di Franco Landriscina
ABBIAMO PREFERITO 
IL BOSCO
Il sodalizio tra Ernst Junger e 
Albert Hofmann
di Federico Battistutta
MANIFESTO  AYAHUASCA
traduzione di Ceu Sagrado Italia
SEGNALAZIONI LIBRARIE
Alla scoperta dei Misteri Eleusini 
di R. Gordon Wasson, Albert Hofmann, Carl A.P. Ruck 
Jurema 
di Giorgio Samorini
Droghe Tribali
di Giorgio Samorini
Allucinogeni Sacri
nel Mondo Antico
di Gilberto Camilla - Carl A.P. Ruck
Video dagli archivi di Tele Acras
Il santuario rupestre di Demetra e Persefone
IL MITO E LA CITTÀ
DI AGRIGENTO
di Pasquale Cardinale
Ancora 1

INIZIAZIONE AL SANTO DAIME

 

di Ceu Sagrado Italia

Nei giorni 25-26 giugno 2004, la Consulta Nazionale interreligiosa e delle Istituzioni Tradizionali (1) ha ricevuto, a Roma, una delegazione della Chiesa brasiliana del Cielo Santo (2).  È stata questa l'occasione che ha consentito ad un gruppo formato da sedici persone di partecipare ai lavori sacramentali del Santo Daime ed all'assunzione rituale dell'ayahuasca; la sostanza enteogena (3) che è al centro del culto daimista. Quella che segue è una breve cronaca della esperienza vissuta dai partecipanti al rito. Si ritiene opportuno precisare che motivi contingenti non hanno permesso alla Presidenza della Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza  - che era stata informata per il cortese tramite dei dottori F. Gosso e G. Camilla - di attuare un proprio intervento partecipativo di osservazione scientifica e documentale.

La cerimonia vera e propria è stata preceduta da una conversazione informativa protrattasi per circa due ore. I partecipanti, tutti soggetti che si interessano di ricerca spirituale e studi religiosi, non avevano mai sperimentato alcun tipo di sostanza psico-attiva (con l'eccezione di due partecipanti, incluso lo scrivente) ed erano alquanto turbati dal proponimento di doverne fare esperienza diretta. L'assunzione della bevanda sacramentale è stata vissuta da quasi tutti i partecipanti (a prescindere dall'età, dal livello culturale posseduto, dalle esperienze fatte) con forti sentimenti di ansia e paura misti a profondo rispetto e curiosità intellettuale.

 

Da tutti è stato dato per scontato che l'ayahuasca :

• non è una "droga" che procura dipendenza; non è causa di alcun, permanente, malessere psico-fisico, anzi può risultare curativa di alcuni disturbi (4) ed, in ogni caso, può essere somministrata a bambini come ad anziani, a donne in gravidanza, così come a soggetti che assumono farmaci o che soffrono di malattie;

 • non può essere acquistata né tanto meno venduta, ma solo ricevuta in dono dalle Chiese Daimiste dalle quali viene prodotta ritualmente per le varie forme di consumo, ma sempre con finalità religiose e/o spirituali.

 

Le serate sono state condotte da Padrino Fernando (recitante) e dalle Madrine Sonia ed Heloisa. Il lavoro di ciascuna delle due sessioni, il cui svolgimento si è differenziato di poco, è durato circa quattro ore, escluso il tempo necessario per l'agape che è consuetudine offrire alla fine dei lavori; ovviamente per coloro i quali si trovano in condizioni di poter ingerire cibi e bevande. Canti e musiche daimiste, di preghiera e cura (5) hanno accompagnato i lavori per tutta la loro durata.

Sull'altare trovavano posto, fra gli altri oggetti cultuali, una croce patriarcale, o di Lorena, avente per base una stella a sei punte (6). Due candele di cera bianca su supporti recanti i simboli delle due polarità energetiche dell'universo: il sole e la luna ovvero il maschile ed il femminile, il positivo ed il negativo. Un calice per la somministrazione del Sacramento e l'ayahuasca che è il Sacramento medesimo. La recita di preghiere cattoliche è parte integrante del rito, anche se è detto esplicitamente che possono essere preferiti altri canti, dell'innario daimista, che non sono riconducibili alla tradizione cristiana, ma alle rivelazioni delle entità cosmiche e metafisiche della foresta amazzonica.

A ciascuno dei partecipanti al rito sono stati, inizialmente, offerti circa 60 cl. di ayahuasca. Il liquido, dal sapore disgustoso e dall'odore nauseabondo, ha fatto avvertire i primi effetti dopo circa 15/30 minuti dall'assunzione. Una delle principali caratteristiche del Santo Daime è quella di permettere all'assuntore di restare sempre costantemente presente e vigile; anche se non pienamente padrone del proprio corpo e delle sue funzioni sia fisiche che mentali.

Su sedici sperimentatori quattro hanno sentito il bisogno di vomitare ripetutamente e violentemente; solo un soggetto ha avuto la necessità di espletare più volte la funzione defecatoria. In questa sede non si ritiene opportuno dilungarsi sulle immagini, contenuti e sensazioni vissute dai partecipanti. Si può comunque dire che, per molti, la musica ha svolto la funzione di una vera e propria guida per l'attraversamento di un caleidoscopico universo di colori e forme eidetiche. Notevole è stato anche il susseguirsi di domande e risposte mentalmente poste e ricevute a/da figure significative: defunti, entità incorporee, il Divino. L'esperienza è stata, per tutti i partecipanti, molto forte e coinvolgente sia dal punto di vista emotivo, fisico ed anche esistenziale (7).

Tre i soggetti che hanno percepito l'esperienza in modo fortemente doloroso; anche con vissuto di imminente collasso cardiaco e conseguente morte fisica Due soggetti hanno affermato di non voler più ripetere l'esperienza. I restanti si sono dichiarati felicissimi di aver avuto tale opportunità. Nove si sono detti pronti a ripetere l'esperimento e quattro soggetti sono stati talmente colpiti dal valore del viaggio compiuto e dai vissuti esperiti da prendere in seria considerazione l'eventualità di operare personalmente per favorire l'istituzione, a Roma, di un centro spirituale daimista Ceu Sagrado. In ogni caso sono previste alcune sessioni rituali di assunzione del Sacramento già nei primi mesi autunnali.

 

NOTE

 

 1) La Consulta Nazionale Interreligiosa e delle Istituzioni Tradizionali è un organismo laico, apartitico, senza fini di lucro, concepito fin dalla sua fondazione come strumento al servizio di quanti intendono incrementare il livello e gli obbiettivi del dialogo e dei confronto fra le confessioni religiose, tra le organizzazioni interessate alla ricerca spirituale, tra singoli individui sensibili a tali tematiche. Per questa ragione la Consulta accoglie fra i suoi membri esponenti del mondo confessionale, accademico, culturale e dei mass-media che intendono investire nel dialogo e nel confronto come valore, al fine di compiere un'opera di documentazione e di informazione che possa valere come antidoto alla chiusura degli orizzonti. Conformemente ai suoi fini statutari, la Consulta lavora affinché siano gettate basi concrete di un futuro improntato al rispetto, alla pacifica convivenza ed alla salvaguardia delle singole specificità, rigettando pregiudizi e inutili sincretismi dottrinali o ideologici. Per una trattazione più approfondita consultare "Pedagogia e Carisma nella Globalizzazione" (pagg.17 — 22), Sandra Chistolini, Pensa Multi Media, 2003.

  2) Si tratta di una delle diverse chiese, a carattere sincretico, che si sono originate dalla rilettura del Vangelo alla luce dell'ayahuasca. È que sta una bevanda ottenuta attraverso la cottura di due piante, la liana jacube (Banisteriopsis caapi) e la foglia Rainha (Psychotria viridis). A partire dai primi anni '30 Raimondo Irineu Serra, un umile raccoglitore di gomma di origine africana, ridefinisce l'utilizzo ed il nome stesso (Santo Daime) di una sostanza psico-attiva da sempre utilizzata, a fini religiosi e curativi, dagli sciamani indios e già nota ai sacerdoti delle popolazioni amerinde pre-colombiane. Sebastiao Mota de Melo, discepolo di Ireneu Serra, diede impulso alla diffusione del culto in tutta l'area di origine, mentre i suoi discendenti e successori ne hanno favorito l'espansione in tutto il mondo. Per una trattazione più approfondita consultare "Enciclopedia delle religioni in Italia" (pagg. 423 — 426), a cura del CESNUR - diretto da Massimo Introvigne -, ELLEDICI 2001.

  3) Il termine enteogeno combina la parola greca Entheos, che significa Dio -Theos- dentro con la radice greca gen, che denota l'azione di divenire, generare. Enteogeno, quindi, sta a significare: la capacità di generare un'espansione di coscienza responsabile dell'esperienza di contatto con la divinità interiore presente in ogni essere umano. Tuttavia sia le cronache giornalistiche che la letteratura divulgativa di stampo New-Age, si riferiscono a sostanze quali l'avahuasca, il peyote, il mescal ed altre, definendole allucinogene ed enfatizzandone l'effetto psichedelico ed anche gli aspetti folclorici-esotici, a discapito dei profondi mutamenti nella consapevolezza dell'Io e delle conseguenti, evidenti, interrelazioni con fattori di ordine: sociale, ambientale, culturale, sacrale oltre che psicologico ed esistenziale. Come esempio di quanto affermato, riportiamo un passo (pagg. 59-61) tratto dal libro "La donna che volle diventare Sciamano” - di Lynn V. Andrews, Gr. Edit.le Futura, 1999. «....Arnold sorrise. “In effetti, sono appena tornato dalle giungle del Perù. Ti sembrerà bizzarro, ma sono andato là a cercare un allucinogeno chiamato ayahuasca. Gli indiani lo chiamano la liana della morte e William Burroughs lo chiamava il ‘fix finale’. Ho trovato una guida indios e ho risalito il Rio delle Amazzoni per scovare un guaritore di cui avevo sentito parlare, anche se mi avevano detto che era impossibile trovare quell'uomo, per non parlare di farsi insegnare qualcosa da lui. Ci siamo aperti la strada con il machete attraverso la giungla, divorati dalle zanzare e grondanti di umidità. Alla fine abbiamo trovato il villaggio dove viveva: sei o sette capanne di paglia. Quando siamo arrivati, tutti erano usciti a caccia e il posto era deserto – c'era soltanto lui. Eccolo là, seduto in cima alla sua piattaforma montata su un palo, con addosso un berretto da baseball e una camicia hawaiana, sorridente". "Devi essere andato fuori di zucca". "Ha, sicuro. Sembrava un Casey Stengle indiano, molto vecchio, magro". "Quando una persona prende I'ayahuasca, esce dal corpo. Mentre è fuori dal corpo fisico, lo sciamano guaritore lo esamina per vedere che cosa c'è che non va, e poi lo guarisce. Avevo sperato di poter partecipare a questa cerimonia". "E allora, che hai fatto?" "Ho parlato con quell'uomo, con l'aiuto della guida, e ho deciso di prendere la liana della morte, seduto di fronte a lui su quella piattaforma. Era molto solenne. Ormai era scesa la notte". "Avevi paura?" "He, si... ma ne ho avuta molto di più quando sono tornato ed ho scoperto che l'ayahuasca è circa cinquanta volte più potente dell'acido". "L'ho sentito dire anch'io, ma la differenza è la proprietà terapeutica. Giusto?" "O ti uccide o ti guarisce, dicono". Scoppiammo a ridere. "Arnold, sembra spaventoso e poi che cos'è successo?" "Be', prima gli ho dato una bottiglia di Jack. Daniels e qualche altra cosuccia, e poi ci siamo seduti di fronte a un tempietto improvvisato. Era difficile vedere bene, con il buio, e c'era soltanto una candela accesa. Ho notato una statua della Vergine Maria, dei feticci di legno intagliato, piume e piccoli fagotti legati con nastri. C'era una zucca scavata appoggiata su dei bastoncini e il vecchio ha cominciato a cantarci sopra. Alla fine ha pescato dentro con un mezzo guscio di noce di cocco lucidato e me lo ha messo in mano. Aveva l'odore del vomito - e anche lo stesso sapore. L'ho cacciato giù e ho restituito la tazza, poi ha bevuto anche lui. Ha detto che sarebbe durato soltanto sei o sette ore; ma se, quando fosse sorto il sole del secondo giorno, io fossi stato ancora in giro a volare, avrebbe voluto dire che ero nei guai." Arnold stava ridendo, ma io no. "Che cosa hai imparato?" chiesi. "Quello che ho imparato è davvero un'esperienza straordinaria, difficile da spiegare. Ho volato a grandissima velocità sopra la vita della gente – delle persone che conosco. Potevo vedere che interagivano tra loro e tiravano avanti con il loro tran tran quotidiano. Sentivo che li stavo vedendo in una dimensione più importante, come se la nostra realtà presente fosse artificiale". Rimanemmo in silenzio per un po'....»

   4) Depressi cronici, alcolisti, dipendenti da sostanze intossicanti quali droghe ed altro.

  5) Composizioni tutte create da Daimisti praticanti che hanno trovato nella consumazione del Sacramento anche l'ispirazione per l'elaborazione di canti e musiche che, con il tempo, si sono costituite quale parte integrante sia del rito che della dottrina. I più famosi sono: Germano Guilherme, Antonio Gomes, Joao Pereira, Maria Damiao.

   6) La Croce Daimista, cosi come sopra descritta, rappresenta l'Uomo Divino, avete in sé la natura divina del Cristo ed il desiderio (la stella a sei punte) di giungere a conoscere il sapere spirituale ultimo.

  7) Più di un soggetto ha riferito la sensazione, ben sintetizzata dalla seguente frase, di aver vissuto l'esperienza di essersi venuto a trovare di fronte alla propria immagine, così come essa è, con i suoi lati luminosi. Ma anche quelli oscuri; senza alcun sostegno, giustificazione orpello di alcun tipo, cui potersi appigliare.

Il Gruppo di Ur e la via iniziatica alla psichedelia

di Franco Landriscina

Negli anni Ottanta, visitando a Roma una mostra sul Dadaismo, sperimentai un curioso effetto di "dissonanza cognitiva". Fra le opere esposte c'erano alcuni quadri e un tavolino di legno dipinti da Julius Evola. I quadri mi colpirono per il loro contenuto visionario, non molto in sintonia con il resto dell'esposizione. Ancora di più, però, mi colpì il tavolino. Per lo stile e i colori delle immagini che lo ricoprivano, infatti, sembrava uscito non tanto dalla Roma degli anni Venti, da cui proveniva, quanto dalla San Francisco del 1967, per la precisione dalla casa di qualche "figlio dei fiori" sotto acido. Come se non bastasse, il nome del suo autore era per me collegato a slogan e vicende di estrema destra degli anni Settanta, non certo a fantasie colorate. Insomma, c'era qualcosa che non quadrava. Per il momento non indagai oltre. Anni dopo, una volta letti diversi libri sugli stati alterati di coscienza e avvicinato il mondo dell’esoterismo ebbi modo di studiare approfonditamente gli scrittiti di Evola e trovai che, effettivamente, dietro quei quadri e quel tavolino qualcosa di "psichedelico" c'era davvero. Qualcosa, anzi, che gettava nuova luce sulla storia recente delle sostanze psichedeliche.

La storia "ufficiale" racconta che la moderna psichedelia inizia nel 1943, con la scoperta dell'LSD da parte del chimico svizzero Albert Hofmann, e prosegue negli anni Cinquanta, quando lo scrittore Aldous Huxley prova la mescalina e i coniugi Gordon e Valentina Wasson scoprono i funghi allucinogeni del Messico. Il 1955 è l'anno della prima esperienza di Huxley con LSD, seguito nel 1959 da Allen Ginsberg. Nel 1960 Timothy Leary fonda il Progetto di Ricerca Psichedelica all'Università di Harvard e tre anni dopo viene licenziato dalla medesima università e inizia la sua avventura di guru della contestazione giovanile. Nel 1966 l'LSD diventa illegale e nel 1967 il movimento hippy vive l'intensa stagione della "Summer of Love". Nel 1970 circa un milione e duecentomila americani hanno provato l’LSD. Si tratta, quindi, di una storia in cui il nostro paese non svolge nessun ruolo particolare e in cui l'uso di queste sostanze sembra quasi naturalmente legato a istanze progressiste e "di sinistra". Fu quindi per me una vera sorpresa scoprire che nei primi decenni del secolo un gruppo di "ricercatori" italiani si era già confrontato con le droghe che espandono la coscienza, interpretandone l'uso alla luce delle antiche dottrine spirituali e raccogliendo osservazioni che ancor’oggi stupiscono per profondità d'erudizione e originalità. Questi ricercatori seguivano una via alle droghe che possiamo chiamare "iniziatica", differente, come vedremo, dalla via "utopistica" e da quella "individualista" dei più noti personaggi che li hanno seguiti. Roma, 1927. Un tram attraversa sferragliando le strade della capitale affollate di biciclette. Le note di una musica da ballo si spandono dagli apparecchi radio delle case. Signori con cappello e bastone discutono di politica agli angoli delle strade. Un gruppo eterogeneo di persone, invece, rilassa la propria mente con esercizi di concentrazione, pratica lo yoga, recita mantra, scopre il potere magico del sesso, apprende l'arte di entrare coscienti nel sonno, prova ogni tipo di droga. 'E il Gruppo di Ur. Ne fanno parte massoni pitagorici (Arturo Reghini, Giulio Parise), occultisti neopagani (Ercole Quadrelli, Leone Caetani), antroposofi (Giovanni Colazza, Massimo Scaligero), poeti (Girolamo Comi, Arturo Onofri), cattolici (Guido De Giorgio) e altri personaggi ancora. Fra di essi anche Emilio Servadio, massone e futuro presidente della Società Psicoanalitica Italiana e il giovane Pio Filippani Ronconi, che diventerà uno dei più autorevoli orientalisti italiani. Sopra tutti spicca la figura di Julius Evola, affascinante e controverso aristocratico, pittore dadaista, poeta, filosofo e alpinista. Quando non sono dediti a riti e invocazioni, ecco che li troviamo intenti a leggere e commentare appassionatamente i Tantra, la Vita di Milarepa e il Libro Tibetano dei Morti. A fianco della tradizione orientale, fra le loro letture preferite vi sono i testi del pitagorismo, del neoplatonismo, della religione greca e romana, dell'alchimia rinascimentale e del misticismo tedesco. Le testimonianze del cosiddetto "movimento tradizionalista romano" sono raccolte nelle pagine di riviste come "Atanòr", "Ignis", "Ultra", "Ur", "Krur" e "La Torre". Sorprende, rileggendole, la chiarezza nell'esporre i contenuti più oscuri e difficili. Tuttavia, l'opera di Evola e del Gruppo di Ur non è solo una curiosa parentesi nella storia culturale italiana. Le interpretazioni da essi proposte, infatti, sono molto attuali e riguardano argomenti che in quegli anni erano conosciuti solo da un'élite mentre oggi, dopo gli anni Sessanta, sono diventati un fenomeno di massa. Nell'opera del Gruppo di Ur si incontrano, in particolare, due ipotesi interessanti per chi si occupa dello studio della coscienza. La prima è che le religioni trovano la loro ragion d'essere in esperienze psicologiche vissute in stati di coscienza diversi da quello ordinario, e che gli insegnamenti esoterici, cioè segreti, delle diverse tradizioni sono relativi alle tecniche che possono provocare queste esperienze ovvero, come diremmo oggi, indurre stati modificati di coscienza. La seconda è che fra le tecniche di cui sopra, oltre al controllo della respirazione, alla concentrazione, alla visualizzazione di immagini, al sesso, alla danza, e così via, un ruolo importante è sempre spettato alle "acque corrosive" (così sono indicate in linguaggio alchimistico le droghe), purché utilizzate nel giusto contesto. Sono ipotesi che solo in anni molto recenti hanno guadagnato un certo riconoscimento e che provocano ancora censure, obiezioni e fraintendimenti. Ma quali droghe "psichedeliche" potevano essere effettivamente a disposizione degli esoteristi italiani dell'epoca? Per rispondere a questa domanda, è utile scorrere rapidamente alcuni fatti storici, che consentiranno anche di apprezzare meglio l'originalità del Gruppo di Ur nel suo contesto cronologico e geografico e nella sua relazione con gruppi simili di altri paesi. I1 396 d.C. è la data della distruzione del tempio di Eleusi e anche, simbolicamente, della fine dell'uso rituale di sostanze psichedeliche in Europa. Nella lunga parentesi dal Medio Evo all'età moderna l'uso di piante e sostanze allucinogene è confinato al mondo della stregoneria e dell'alchimia. Dal 1700 a oggi, il cammino delle sostanze che "rivelano la mente" riprende grazie a due fattori: i progressi della chimica e i contatti con popoli di altre culture. All'alchimia si deve la scoperta dell'etere, un liquido volatile e infiammabile oggi conosciuto come anestetico. Nel 1275 Raimondo Lullo lo scopre e lo chiama "vetriolo dolce". Nel 1540 Valerius Cordus esegue la prima sintesi dell'etere e Paracelso ne descrive le proprietà ipnotiche. Nel 1730 Frobenius cambia il nome del vetriolo dolce in etere. L'inalazione dell'etere a scopo anestetico inizia nel 1846. Già molti anni prima, però, lo stesso modo di assumere la sostanza a fini ricreativi aveva preso piede in varie parti degli Stati Uniti e dell'Europa. Uno dei primi resoconti di un'esperienza mistica o, come diremmo oggi, di espansione della coscienza, dovuta all'inalazione dell'etere è quello del dottor Oliver Holmes, della Harvard Medical School, che scrive: "La possente musica della marcia trionfale nel nulla riverberava attraverso il mio cervello e mi riempiva con un senso di infinite possibilità, che per un momento mi facevano sentire un arcangelo. Il velo dell'eternità era sollevato. L'unica e grande verità sottostante tutta l'esperienza umana e che è la chiave di tutti i misteri che la filosofia ha cercato in vano di dissolvere, lampeggiava su di me in un'improvvisa rivelazione”1. Fra gli utilizzatori dell'etere, ricordiamo anche Dante Gabriele Rossetti e Guy De Maupassant. Oggi l'uso dell'etere è passato di moda ma non si deve sottovalutare il potere di questa sostanza di alterare profondamente la coscienza.

Il protossido d'azoto è un gas scoperto nel 1772 dallo scienziato inglese Joseph Priestley. Nel 1779 un altro scienziato inglese, Humphry Davy, ne sperimenta gli effetti e lo chiama "gas esilarante". Durante una sua esperienza esclamerà: "Non esiste nient'altro che pensieri! L'universo è formato da impressioni, idee, piaceri e dolori". Prima del suo impiego come anestetico, il principale uso del protossido d'azoto è di tipo ricreativo. Il pubblico di fiere e spettacoli itineranti paga una piccola cifra per inalare una boccata del gas. Lo provano molti artisti e scrittori, fra cui il poeta romantico Coleridge. Nell'800 il gas esercita i suoi effetti visionari nei circoli intellettuali e nella società alla moda dell'epoca. Nel trattato del 1874 The Anesthetic Revelation and the Gist of Philosophy, il medico americano Benjamin P. Blood dichiara che il protossido d'azoto gli ha fornito "una rivelazione del Segreto della Vita". Blood invia copie del suo manoscritto a vari poeti e filosofi, fra cui il poeta Tennyson e lo psicologo William James. Quest'ultimo inizia presto le proprie investigazioni e nel 1882 pubblica sulla rivista "Mind" l'articolo Gli effetti soggettivi dell'ossido di azoto, in cui descrive con grande nitidezza di particolari le proprie modificazioni della percezione e dei processi di pensiero sotto l'effetto del gas. James vive un'esperienza di unione cosmica con l'universo e di superamento degli opposti della filosofia hegeliana. Nel 1902 scriverà: "L'ossido d'azoto e l'etere stimolano la coscienza mistica in una misura straordinaria. Una profondissima verità sembra rivelarsi all'inalatore. Questa verità, tuttavia, svanisce o fugge al momento del ritorno alla normalità, e se rimangono delle parole di cui rivestirla appaiono del tutto insensate. Nonostante ciò, persiste il senso di aver raggiunto un profondo significato, e conosco più di una persona persuasa che nella trance dell'ossido di carbonio si possa avere una genuina rivelazione metafisica''2. Fra gli sperimentatori del protossido d'azoto troviamo anche Peter Ouspensky, il discepolo russo di Gurdjieff, che lo usa dal 1912 al 1929 nel tentativo di stimolare la sua capacità di raggiungere la chiaroveggenza, la divinazione e altre forme di pensiero magico. Nel saggio Misticismo sperimentale egli afferma che queste esperienze gli hanno "rivelato con chiarezza la possibilità di entrare in contatto con il mondo reale sottostante il miraggio ondeggiante che chiamiamo mondo visibile". Le esperienze descritte dai pionieri dell'etere e del protossido d'azoto sono per alcuni versi simili a quelle riportate ai nostri giorni dagli utilizzatori di un altro anestetico, la ketamina. Fra le conseguenze della Campagna d'Egitto di Napoleone c'è anche la scoperta dell'hashish da parte del mondo occidentale. Nel 1845, in Francia, Moreau de Tours utilizza la cannabis per il trattamento delle malattie mentali e della depressione e dà così inizio alla moderna psicofarmacologia. Uno dei migliori resoconti dell'epoca è quello fornito dal giovane americano Fitz Hugh Ludlow, nella sua autobiografia del 1857 dal titolo The Hasheesh Eater. Ludlow scopre l'hashish a 16 anni, dopo aver sperimentato l'etere, il cloroformio e l'oppio. Egli osserva, in particolare, una serie di profonde distorsioni nella percezione del tempo e dello spazio, notando che possono essere interpretate misticamente come il raggiungimento dell'eternità e dell'immortalità. Ludlow nota anche un fenomeno di divisione del sé in due parti: "Una parte di me era attirata irresistibilmente lungo la traccia di questa tremenda esperienza, l'altra sedeva guardando dall'alto il suo doppio, osservando, ragionando e valutando serenamente tutti i fenomeni''3. L'uso dell'hashish si diffonde, in Italia, presso alcuni medici milanesi, che lo sperimentano in dosi preparate dal loro amico farmacista Carlo Erba. Questi medici pubblicano numerosi articoli su riviste scientifiche, fra cui spiccano per efficacia quelli del dottor Giovanni Polli. Per capire i resoconti di questi autori ottocenteschi, bisogna tenere conto che quando parlano di hashish non si riferiscono agli spinelli dei nostri giorni ma a potenti estratti solidi ottenuti dalla resina della pianta. Ai dosaggi di questi estratti, la cannabis manifesta pienamente la sua natura psichedelica e non più semplicemente euforizzante. Durante un suo viaggio di esplorazione in America, nel 1886, il botanico tedesco Lewin viene in possesso di alcune piante di peyote, un cactus sacro degli indiani americani, che ne sfruttano l'effetto masticandolo o bevendone un infuso. In breve tempo in America e in Europa iniziano gli autoesperimenti con la droga di numerosi medici, che ne evidenziano immediatamente le proprietà allucinogene. Nel 1897 il chimico tedesco Arthur Heffter sperimenta su se stesso i principi estratti dalla pianta al fine di identificare quelli dotati di proprietà psicoattive e riesce così a isolare e identificare la mescalina. Nel 1898, il medico inglese Havelock Ellis, padre del movimento per la liberazione sessuale, prova la mescalina e pubblica un articolo dal titolo Mescal: a new artificial paradise. Nel 1919 Ernst Spath riesce a sintetizzare tale sostanza in laboratorio, rendendola così disponibile in forma pura e in dosaggi controllati. Nel 1927 Alexandre Rouhier pubblica La plante qui fait les yeux émerveillés. Nello stesso anno viene pubblicato il libro di Kurt Beringer Der Meskalinrausch (L'ebbrezza mescalinica) uno studio approfondito degli effetti della mescalina in cui l'autore ipotizza che essa determini disturbi simili a certi sintomi della schizofrenia. É la nascita della teoria "psicotomimetica", secondo cui le sostanze allucinogene agiscono sul cervello secondo meccanismi simili a quelli della malattia mentale. Questa teoria incontrerà un notevole successo fino agli anni Cinquanta, in cui il termine psicotomimetico sarà sostituito da "psichedelico". L'ipotesi psicotomimetica suscita l'interesse di numerosi psichiatri italiani. Sulle pagine di riviste come la "Rassegna di studi psichiatrici" e la "Rivista sperimentale di freniatria" appaiono numerosi resoconti di medici, come Guido Morselli, che provano coraggiosamente la mescalina nel tentativo di creare una "psicosi sperimentale". Il 1871 è l'anno di pubblicazione dei Quadri della Natura Umana di Paolo Mantegazza, un testo che pone il nostro paese all'avanguardia nello studio delle droghe, definite dall'autore "alimenti nervosi". Nel 1880 il medico milanese Battista Grassi sperimenta sui suoi pazienti gli effetti dell'amanita muscaria come "alimento nervoso". Quella del Grassi è però un'intuizione personale, che non trova corrispettivi in altre sperimentazioni dell'epoca. La riscoperta dei funghi allucinogeni da parte del mondo occidentale dovrà attendere ancora alcuni decenni. Negli anni Trenta, infine, viene anche riconosciuto in modo scientifico l'elemento tossicologico nella stregoneria e nel demonismo medioevale. In un articolo dell'epoca si afferma che: "Le droghe usate dalle streghe nelle loro funzioni sataniche sono conosciute, se non tutte, almeno in gran parte. Sappiamo così che esse agiscono in virtù di alcaloidi contenuti nelle piante prescelte, alcaloidi che hanno potere di provocare stati allucinatori a carattere, quasi sempre, terroristico. Tali, per esempio, l'oppio, il giusquiamo, il solanum nigrum, la mandragora, la belladonna ecc."4. Ricapitolando: nel dispensario di chi negli anni Venti avesse voluto fare uso di "acque corrosive" possiamo trovare, oltre a celebri droghe "voluttuarie" come la cocaina e l'oppio, anche l'etere, il cloroformio, il protossido d'azoto, l'hashish, la mescalina e un certo numero di "piante delle streghe". Sostanze queste, effettivamente menzionate — in modo esplicito o velato da allusioni — nei testi di Evola e del Gruppo di Ur. Non che queste sostanze non fossero note ad altri gruppi o ambienti magici a cavallo fra i due secoli. Si potrebbe, infatti, fare un discorso analogo per l'Ordine Ermetico della Golden Dawn, una società segreta di derivazione massonica fondata in Inghilterra nel 1888 che aveva fra i suoi membri il poeta William Butler Yeats e il celebre mago Aleister Crowley, che entrò nella società nel 1898, ne fu espulso due anni dopo e nel 1905 fondò una propria società segreta rivale dal nome Argenteum Astrum. La società segreta che più sviluppò un uso rituale sistematico di sostanze psicoattive fu l'Ordo Templi Orientis, di cui nel 1922 divenne Gran Maestro lo stesso Crowley. Anche i romanzi dell'occultista Gustav Meyrink sono disseminati di riferimenti a sostanze allucinogene. Insomma, occultismo e droghe andavano in generale a braccetto insieme, anche se l'esperienza di Evola e del Gruppo di Ur si discosta profondamente dai valori e dalle credenze degli altri gruppi occultisti. Un articolo di Evola del 1926 dedicato ai misteri di Mithra, un culto solare sviluppatosi negli ultimi secoli dell'Impero romano, inizia con queste parole: "Esiste un livello da cui risulta per evidenza immediata che i miti misteriosofici sono, essenzialmente, trascrizioni allusive di una serie di stati di coscienza lungo la via dell'autorealizzazione"5. È un'affermazione rivoluzionaria per l'epoca in cui è stata scritta e anche adesso lontana dall'essere universalmente riconosciuta. La moderna scienza degli stati di coscienza nasce negli anni Settanta con il libro States of Consciousness dello psicologo americano Charles Tart e si afferma all'attenzione generale della comunità scientifica solo recentissimamente, come testimoniato dal successo delle Tucson Conferences in Arizona. La maggior parte degli psicologi continua purtroppo a considerare le esperienze mistiche e visionarie come allucinazioni di origine patologica. Le scienze sociali, da parte loro, vedono nel mito unicamente il tentativo della mente primitiva di spiegare i fenomeni naturali o l'origine dell'ordinamento sociale. Per molti studiosi i racconti e le immagini del mito sono delle allegorie apprezzabili per il loro valore poetico. Alcuni, di mentalità più aperta, sono disposti a concedere che dietro certi aspetti della religione e del mito vi siano delle esperienze psicologiche reali, però sempre intese come una diminuzione della coscienza ordinaria, come stati di trance in cui predominano le componenti inconsce e irrazionali. Ben pochi sono disposti ad ammettere che, come scriveva Evola nell'articolo sopra citato: "Non si tratta affatto di idee allegorizzate ma di esperienze. Ciò comporta che in tanto si può giungere a cogliere qualcosa di essenziale in tali materie, in quanto di codeste esperienze si sappia già qualcosa per conto proprio. Altrimenti la porta resta inesorabilmente chiusa"6. La porta, invece, non rimase chiusa per chi voleva davvero scoprire la conoscenza nascosta negli scritti e nei riti delle antiche tradizioni: "Iniziarsi è svincolarsi dalla “pietra”, è realizzare uno stato di coscienza non più condizionato dalla connessione al veicolo corporeo. Le varie vicende a cui ora, seguendo il mito, alluderemo, sono del pari esperienze extracorporee, realizzate in uno stato speciale provocato da pratiche, su cui non è il caso di fermarsi''7.

Quando negli anni Sessanta, con la diffusione dell'LSD, un grande numero di artisti e scienziati hanno potuto sperimentare stati di espansione della coscienza, sono subito state chiare le analogie con i racconti di mistici, meditatori e sciamani. Ci si è, però, in genere limitati a considerare i parallelismi con le religioni orientali. L'analisi del gruppo di Ur si estende invece a tutti gli aspetti della Tradizione occidentale: i culti egiziani, greci e romani, lo gnosticismo, l'alchimia, i romanzi del ciclo del Graal, la "magia naturale" del Rinascimento. Dietro papiri, iscrizioni, manoscritti e romanzi medievali, si svelano ai loro occhi i segreti della mente umana nello slancio verso la dimensione spirituale: "E’ in uno stato di morte apparente che Lancillotto, nella Morte d’Artù ha la visione del Graal, e in uno stato che non sa se sia sonno o veglia, che, nella Queste, egli ha la visione del cavaliere ferito trascinantesi fino al Graal onde lenire Le sue sofferenze. Sono esperienze di là dei limiti della coscienza ordinaria"8. Solo chi ha già vissuto alcune di queste esperienze "può presentire che cosa siano quelle peregrinazioni e corse affannose nelle tenebre, con terrori e brividi, sudori e spaventi, prima di giungere a veder la Luce, di cui nella letteratura misterica; che cosa sia inoltre quel passar attraverso gli elementi, una volta raggiunto il confine della morte e varcata la soglia di Proserpina e che cosa sia quell'analogo disciogliersi della Terra in Acqua, dell'Acqua in Fuoco, del Fuoco in Aria, dato in un testo tibetano come l'esperienza interveniente subito dopo la morte. Si tratta di successivi mancamenti dell'appoggio solido (la Terra, cioè il Corpo), che contrassegnano le fasi del distacco: perder appunto il senso della terra, e sentirsi di colpo nel vuoto — precipitare o sprofondare- trovarsi come disciolto in un gran mare o in una dilatazione vertiginosa dell’aria”9. Vi fu chi, nell'Italia di quegli anni, comprese che i simboli e le allegorie alchemiche "nascondono non dissimili esperienze: uccelli con ali che trasportano seco altri che non ne hanno e che fan di tutto per non ‘perder terra’; mari in mezzo ai quali si è trasportati; correnti, che si è costretti ad affrontare; cadute, rapimenti aerei ecc. Resta alla sagacia del lettore, che troverà tutto ciò nei testi, trasporre sub specie interioritatis e comprendere10. Una volta riconosciuto il ruolo decisivo degli stati "altri" di coscienza come strumenti di accesso a verità di tipo iniziatico e spirituale, ci si trova a riconoscere, come fece il Gruppo di Ur, che "il problema reale ha carattere unicamente pratico, operativo. Quali sono i mezzi per ottenere la trasformazione e l’integrazione della mia esperienza?"11. Riguardo ai mezzi possibili, essi ne lasciarono ben pochi di intentati: dalla meditazione alla magia, dai riti sessuali alle droghe, anticipando pratiche e mode che negli anni Sessanta si sarebbero diffuse nel mondo giovanile, prima americano e poi europeo, per finire oggi banalizzate e semplificate nel variopinto mondo dei circoli New Age. La considerazione accordata alle sostanze psicotrope è sorprendente: "In quest'ordine di cose, già nei testi greci si trova indicato l'uso di erbe magiche. In generale, bisogna riconnettersi alle antiche tradizioni concernenti le ‘bevande sacre' o "d'immortalità", quali il Soma vedico, l'Haoma iranico, l'idromele eddico e lo stesso vino"12. Non si tratta di una generica intuizione ma di uno studio approfondito e basato su esperienze pratiche. Anzitutto, viene sgombrato il campo dal pregiudizio per cui certe sostanze sarebbero di per sé più o meno indicate di altre: "La verità è che non esistono ebbrezze sacre opposte a ebbrezze profane, ma una ebbrezza è sacra oppure profana a seconda del modo con cui il discepolo l'assume e la esperimenta, a seconda del piano su cui la lascia agire''13. Molti decenni prima che Leary parlasse di "set and setting", si specifica che "gli effetti di queste sostanze sono assai diversi a seconda della costituzione, della capacita specifica di reazione e — nei casi anzidetti di un loro uso non profano — della preparazione spirituale e dell'intento di chi ne fa uso"14. La chiave interpretativa fornita per comprendere il posto delle sostanze psicoattive nel percorso spirituale è quella dell'alchimia. In alchimia si parla spesso di "solventi", "acque corrosive", "aceti filosofici" ed è dietro il velo di questi termini che bisogna cercare i riferimenti all'uso di sostanze. Lo stesso si dica "per ciò che, con un gergo dei più sconcertanti, viene designato in certi testi alchemici con urina vini, equivalente a 'urina di ubbriaco'”15. La tecnica basantesi sull'azione di particolari sostanze puoi essere fatta rientrare in quella categoria di metodi che prende il nome di "via umida", così chiamata perché in essa agisce soprattutto la forza delle Acque, vale a dire delle energie vitali, messe in libertà: "E’ come l'aprirsi di una diga. Ciò che come Mercurio o vita fissata e chiusa nel corpo era in stato di schiavitù e di arresto, con la separazione è posto nello stato di una assoluta libertà. Ma [...] si tratta di vedere sino a che punto la coscienza sappia sostenere l'inaspettato cambiamento di stato e trasformarsi attivamente, tanto da mantenere una continuità e da realizzarlo appunto come una liberazione"16. Nella via umida c’è una brusca trasformazione che porta immediatamente la coscienza, in modo discontinuo, da uno stato a un altro, in contrasto con l'ascesi e la disciplina della "via secca", in cui è il "fuoco" della volontà che opera lentamente sull'Io purificandolo dalle impurità. Nelle molte pagine dedicate dal Gruppo di Ur alle acque corrosive sono contenute vere e proprie istruzioni che nulla hanno a che invidiare con quelle dei più noti "guru" psichedelici contemporanei. Si afferma, ad esempio, che la difficoltà sta nel mantenere e nello sviluppare un nucleo di coscienza, un atteggiamento attivo, anche senza l'appoggio delle sensazioni ordinarie provenienti dal corpo: "L’atteggiamento attivo è simile a quello di chi, pronto, aspetta per spiccare un salto. Perciò non si deve attendere semplicemente che le sensazioni e i mutamenti della coscienza si manifestino, ma come un ragno che sta attento al centro della rete, occorre afferrarle subito e farvi corrispondere un atto della propria coscienza”17. Qui compare dunque una prima e fondamentale differenza con un approccio puramente mistico: "La fase successiva e una più alta libertà estatica, sgombra da contenuti psichici. Essa corrisponde allo stato di sonno nell'uso comune. Di solito il punto di passaggio è contrassegnato da un sentimento di terrore o di angoscia. Si crede che se si fa un solo passo più avanti, si morirebbe. Anche immagini o voci possono rafforzare questa sensazione. Occorre avere una intrepidezza e voler andare assolutamente avanti, ‘succeda quel che succeda’. Se la coscienza tiene fermo fino a questo stato (dopo il punto morto), questo è lo stato in cui possono prodursi fenomeni d'importanza iniziatica"18. Ma, obietterà qualcuno, non si dice sempre che in un "viaggio" bisogna lasciarsi andare al flusso dell'esperienza? Questo è vero anche nelle indicazioni del Gruppo di Ur, il punto di vista alchemico non esclude però una seconda possibilità: "Così il già difficile giuoco di chiudere gli occhi e di lasciarsi cadere senza paura si complica con un'altra necessaria e sottile attitudine: bisogna uccidere nello stesso tempo che farsi uccidere, bisogna 'fissare' ciò che trasporta"19. Si tratta ovviamente di possibilità non comuni, infatti "pochi riescono a raggiungere lo stato in cui, dopo sensazioni fisiche anormali, le visioni, le allucinazioni ecc. si producono esperienze iniziaticamente interessanti. Spessissimo si perde la coscienza prima di arrivare a tanto. Si interrompono anche i rapporti eventuali con chi può assistere"20. Ecco perché un ruolo fondamentale può essere svolto da periodi di preparazione e di purificazione, dalla contemplazione di simboli magici e religiosi, destinati a guidare adeguatamente il processo, o dalla presenza di una guida esperta: "Con la mescalina sono stati fatti anche esperimenti controllati perché il soggetto mentre vive queste esperienze può mantenersi in rapporto e comunicare con altri. Ciò apre delle possibilità, quando sia ad assistere un Maestro. Questi dovrebbe pero avere cognizioni circa il dosaggio della droga"21. La chiarezza e la lucidità di questi scritti contrasta molto con la vaghezza e il linguaggio cifrato con cui gli stessi argomenti sono stati talora trattati in altri ambienti esoterici dell'epoca. Per non parlare del fatto che nella maggior parte dei casi erano considerati argomenti che era meglio ignorare. Basti pensare che René Guenon, il più famoso degli esoteristi moderni, non ha mai dedicato a questi temi neppure una riga della sua pur copiosa opera. Ai nostri giorni, abbondano i libri e le riviste in cui presunti "iniziati" ricamano fantasiosi arazzi di congetture su questo o quell'aspetto della Tradizione salvo non nominare neppure di sfuggita le acque corrosive se non al limite per mettere in guardia sulla loro pericolosità. A questo riguardo, Terence McKenna ebbe una volta a dire una cosa divertente, cioè che i seguaci dei vari gruppi di esoterismo e New Age hanno una predilezione per tutti i più strani metodi di modifica della coscienza a esclusione di quelli efficaci. Nella "via iniziatica” alle droghe di Evola e dei suoi compagni di viaggio le sostanze psicotrope sono uno strumento a disposizione dell'adepto nel suo tentativo di superare la soglia che separa l'uomo comune, limitato e mortale, dal mondo degli dei e degli eroi. Non contano i mezzi ma i fini. Sulla stessa via iniziatica si possono collocare, in età moderna, i membri di società segrete come la Golden Dawn o l'Ordo Templi Orientis, e in particolare Alesteir Crowley. Quest'ultimo sosteneva di utilizzare un metodo scientifico per studiare quello che gli altri chiamavano esperienze "spirituali". La sua rivista "The Equinox" aveva infatti come motto "Il metodo della scienza, lo scopo della religione". In questo può essere anch'egli considerato un precursore di Leary e della ricerca sugli stati di coscienza. Nonostante queste altisonanti affermazioni, nelle opere di Crowley c’è pero ben poco di scientifico ed esse hanno perciò ricevuto scarsa attenzione al di fuori dei circoli occultistici e alternativi. Per personaggi come Aldous Huxley, Timothy Leary e Terence McKenna possiamo, invece, parlare di una "via utopistica". Per loro le sostanze psichedeliche sono un ponte verso una società perfetta in cui non ci sono più differenze sociali e individuali. La loro visione è di tipo evoluzionista. Non è un caso che Hux-ley abbia le sue radici culturali nel mondo del socialismo inglese, in cui Darwin e Marx si davano la mano, e che ci siano numerosi punti di contatto fra la Fabian Society, un movimento intellettuale fondato in Inghilterra nel 1884 con lo scopo di diffondere le idee socialiste, e gli ambienti magici ed esoterici. I fabiani credevano che i cambiamenti sociali potessero essere raggiunti non attraverso una rivoluzione ma con un approccio graduale e paziente, permeando con le loro idee i circoli delle persone che detengono il potere, e questo era esattamente il modo in cui Huxley e altri avevano pianificato di diffondere I'LSD negli Stati Uniti. Per questa "missione" fu contattato Timothy Leary, la cui strategia, però, era ancora più radicale perché voleva coinvolgere subito le masse nella trasformazione in atto, cosa che in una certa misura avvenne. L'utopia di McKenna è di tipo millenaristico e si traduce in un'attesa della fine dei tempi molto in sintonia con le tendenze apocatastiche dei nostri giorni. La via "individualista", invece, è quella di chi come Albert Hofmann, Ernst Junger o Alexander Shulgin, trae ispirazione dagli psichedelici per la propria ricerca scientifica o artistica, senza rifarsi a una particolare concezione del mondo o tradizione e senza cercare di convincere gli altri del proprio punto di vista. La via individualista è quella degli psiconauti che preferiscono navigare nella propria mente piuttosto che diventare dei o cambiare il mondo. Concludendo, possiamo dire che l'esperienza psichedelica è così misteriosa e stupefacente che ciascuna di queste vie cerca di catturarne una parte, di renderla in qualche modo interpretabile e comprensibile. E questo può avvenire a San Francisco, a Basilea, in Amazzonia o, come pochi forse immaginavano, nella Roma fascista degli anni Venti.

FRANCO LANDRISCINA

Note

1) O.W. Holmes, Mechanism in Thought and Morals, Harvard University, Phi Beta  Kappa Address, June 29, 1870.

2) W. James, The Varieties of Religious Experience, Touchstone, Reprint Edition, 1997.

3) F.H. Ludlow, The Hasheesh Eater: Being Possages from the Life of a Pythagorean, New York, Harper Bros., 1857.

4) S. Marszalkowicz, L'elemento tossicalogico nella stregoneria e nel demonismo medioevale, in: AA.VV., Lavori di storia della medicina compilati nell'Anno Accademico 1936-37-XV ,Roma, Arti Grafiche Bodonia, 1938.

 5)J. Evola, La via della realizzazione di sé secondo i misteri di Mithra, in "Ultra", 1926, n. 3. Nuova ed.: "Quaderni di Testi Evoliani", 1979, n. 4, p. 5.

6) Ibíd, p. 5. Ibid, p. 5. 8  J. Evola, Il Mistero del Graal, Bari, Laterza, 1937. V° ed.: Roma, Edizioni Mediterranee, 1997, p. 21.

9) J. Evola, La Tradizione Ermetica, Bari, Laterza, 1931. IV° ed.: Roma, Edizioni Mediterranee, 1996, p. 122.

10) Ibid., p. 122.

11) Introduzione alla Magia, cit., vol. primo, p. 36.

12 J. Evola, op. cit., 1996, p. 139.

 13) Introduzione alla Magia, cit., vol. terzo, p. 366.

14) J. Evola, Cavalcare la tigre, Milano, Scheiwiller, 1961. V° ed.: Roma, Edizioni Mediterranee, 1995, p. 145.

15) J. Evola, op. cit., 1996, p. 140.

16) J. Evola, op. cit., 1996, p. 122.

17) Introduzione alla Magia, cit., vol. terzo, p. 371.

18) Ibid., p. 372.

19)  J. Evola, op. cit., 1996, p. 123.

20) Introduzione alla Magia, cit., vol. terzo, p. 369.

21) Ibid., p. 368.

Foto: ritratto di Julius Evola eseguito da Stanislao Nievo per la mostra fotografica "Viaggio nel volto" (Galleria "La Medusa", Roma, aprile 1969.

Sfondo: opera, dadaista di Julius Evola.

Fonte immagina: Google-copertina Testimonianze su Evola, Ed. Mediterranee.

Ripley's Scrowles

Londra, British Museum. M.S. (Add. 5025) eseguita a Lübeck, 1588

Ancora 2

  CONSIDERAZIONI POLEMICHE COMUNQUE

   AMICHEVOLI

 Di Ceu Sagrado Italia

Ricostruzione ideale del Tempio Maggiore del santuario delle divinità cthonie di Agrigento
Tempio di Demetra, ora chiesa di San Biagio
tempio demetra 1.png
OFFERTE AL TEMPIO.png
Pur adibito alla celebrazione del culto cristiano, anche se evidenti sono i segni dell'incuria e dell'inciviltà, la sacralità pagana del luogo è tutto'ora percepibile. Ancora oggi - in realtà la foto è stata scattata nell'anno 2007 - è possibile rinvenire in loco, offerte rituali tributate alle Grandi Dee Demetra e Persefone. 
Reintegrazione ideale del Santuario delle Divinità Chtonie

IL MITO E LA CITTÀ DI AGRIGENTO

di Pasquale Cardinale

 

A Demetra, dèa della terra, Plutone, signore degli Inferi, ha rapito Persefone (o Kore), l'amata figlia, per farla sua sposa e regina dell'Ade. Infinito è lo strazio della genitrice e funeste per gli uomini le conseguenze dell'affannosa ricerca cui la dea in preda al dolore disperatamente si abbandona, trascurando totalmente il suo celeste compito di donatrice di vita. Zeus, impietosito e preoccupato, stabilisce che Plutone trattenga per sé la giovane sposa per un terzo dell'anno, lasciandola poi libera di trascorrere il rimanente periodo accanto alla madre: questa, felice, permetterà il risvegliarsi della natura tutta ed il perpetuarsi della vita sulla terra. Il mito è notissimo: noi ci limiteremo ad accennare ai significati exoterico ed esoterico che il racconto sottintende. Per il primo senso, nel più puro spirito dell'idealità pagana, abbiamo un meraviglioso inno alla vita: un mirabile canto all'amore in tutte le sue possibili espressioni, fino al suo trionfo sulle tenebre e la morte, la glorificazione dei sentimenti e delle passioni, delle regole eterne ed immutabili cui l'universo, in ossequio ad un volere divino, è conformato. Così da permettere il continuo perpetuarsi della fecondità nel Cosmo. Per il senso esoterico, è evidente il riferimento all'anima umana che, calata nella realtà terrena, dopo la morte iniziatica risorge a nuova vita. È lo svegliarsi della vera vita dopo un lungo sonno, per rendersi veramente conto dell'eternità dello Spirito. Ecco i principi fondamentali cui si ispira il volere dell'iniziato ai misteri: qui, ai misteri di Demetra ovvero Eleusini. Il punto che a noi qui interessa è proprio il seguente: questi misteri furono praticati solo in Eleusi, nei pressi di Atene, oppure è possibile che iniziazioni avvenissero anche in altri centri di culto alle «Grandi dèe» esistenti nell'orbe greco? Che sia stata Eleusi il centro d'elezione del culto demetrico è cosa universalmente accettata, ma personalmente riteniamo che la possibilità sopra accennata possa essersi configurata almeno per ciò che concerne la Sicilia ed in particolare l'antica Akragas, una delle più splendide delle colonie greche, in grado di competere, per ricchezza e bellezza, con qualsiasi altra città dell'Ellade. A sostegno della nostra ipotesi (1) cercheremo di recare dati plausibili; prima, però, torniamo al mito, per quanto ancora potrebbe offrirci di indicazioni. Secondo molti autori, proprio in Sicilia tale leggenda avrebbe avuto origine (2). Potrebbero esserne conferma i numerosi templi consacrati alle dèe, ivi esistenti, e le antiche, sfarzose celebrazioni di cui il popolo, fino ad epoche a noi vicine, ha conservato memoria; i racconti di numerosi poeti, fra cui il sommo Pindaro, oltre ai ricordi di Diodoro Siculo (3) Ma senza arrivare a tanto, è indubbio che il mito ha trovato nell'isola dei Siculi e dei Sicani la sua ambientazione ideale, se è vero che in epoca romana si desse per scontato che la Sicilia avesse fatto da cornice alla leggenda, ravvisando nei luoghi fantastici descritti dal mito zone reali dell'isola. Un caso esemplare è quello di Nisa - la splendida pianura fiorita in cui al sorgere dell'alba venne rapita Kore - in cui si sono voluti vedere i manti erbosi, allora, circondanti il lago di Pergusa.  È dunque certo che la Trinacria ha sempre avuto una funzione molto importante nell'economia del mito. Si pensi, ad esempio, al peregrinare della divina cercatrice, in lungo e in largo, per l'isola; all'accensione, ad opera sua, di un'enorme fiaccola, sul più alto monte siciliano, che ne rendesse più facile la ricerca; alla lotta che la dèa madre dovette sostenere con Vulcano, giudice la ninfa Etna, per il possesso dell'isola stessa (4). Che dire poi del fatto che a Persefone il padre Zeus diede come divino dono nuziale il fiume Akragas e le rigogliose terre da questo bagnate? Siamo ritornati alla splendida Akragas, dalle mura di virgiliana memoria (5), alla meravigliosa colonia in cui la bellezza naturale dei siti, del cielo, del mare, mirabilmente si sposava con la splendida opulenza della città, dando vita ad uno spettacolo di rara bellezza. L'ideale greco dell'armonia e della perfezione sembrava qui trovare pratica realizzazione, tanto che Pindaro la definisce la più bella città del mortali (6). Proprio in questi luoghi - presumibilmente subito dopo il 583-582 a.C., data di fondazione della città ad opera di un gruppo di esploratori e marinai geloi - si volle dedicare un santuario alle due dèe, figure dell'Olimpo greco particolarmente venerate. Nacque così il primo dei numerosi templi via via innalzatisi in territorio agrigentino, precisamente nella bella valle compresa fra i due torrenti Akragas ed Ipsa, sfocianti nell'azzurro mare africano, e le gaie colline dell'entroterra fino alle brulle rocce della Rupe Atenea.

Nascita del culto ad Agrigento

L'edificazione di questo santuario dedicato a Demetra, madre della vegetazione, e Persefone, dèa della natura in fiore e regina del regno dei morti, dovette quasi costituire il suggello dell'avvenuta colonizzazione greca di quel territorio, e molto interessante sarebbe potersi soffermare sulle modalità con cui essa avvenne e sui rapporti che, soprattutto sul piano religioso, i Greci ed i nativi dovettero intrattenere. Un discorso di tal genere non è però affrontabile in questa sede: ci limiteremo pertanto a dare dei brevi cenni. Gli elementi micenei rinvenuti nelle stazioni del secondo periodo siculo portano a far risalire i rapporti fra gli indigeni ed i futuri colonizzatori almeno al IX secolo a.C., rapporti che si intensificarono sempre più, dando vita ad un flusso migratorio lento, ma costante e pacifico, che permise lo stanziarsi dei Greci presso i Siculi senza eccessive resistenze né spargimento di sangue. Anche noi, come molti altri, siamo del parere che l'elemento mitico-religioso debba essere stato uno dei mezzi più utilizzati per quest'opera di fusione, perché funzionale in quanto «significativa» per entrambe le parti. Gli indigeni, pensiamo, non devono aver avuto grosse difficoltà a riconoscere e venerare le luminose figure dell'Olimpo greco, così benevole nei confronti della loro terra. Non è forse fra loro che in primavera emigrava Afrodite, per deliziarsi sul fiorito Monte Erice, così come in Sicilia dimorava spesso Dioniso, memore d'esservi cresciuto tra le ninfe e il vecchio Sileno? Non è proprio in Sicilia dove Zeus fa crescere rigoglioso l'orzo, l'avena e la vite e Demetra fa spuntare la dorata spiga? I Greci, da parte loro, facilitati in ciò dal carattere sincretico della loro religione, non dovettero avere alcuna titubanza ad accogliere ed assorbire alcune credenze e costumi locali. È così che, accanto ad un altare del secondo periodo siculo, scavato nella roccia di un monte donde ancor oggi stilla l'acqua di una fonte allora sacra agli indigeni, venne eretta, quasi ad integrarvisi, una possente costruzione architettonica, un vestibolo a noi giunto nelle sue strutture essenziali. In quelle grotte, addentrantisi nel cuore del monte, la devozione degli indigeni aveva fatto sorgere un santuario (7) in cui sono stati rinvenuti frammenti fittili del III e IV periodo siculo. Ad essi si innestarono alcuni elementi protodorici, come la cornice protoellenica e, molto evidente, la rastremazione delle pareti verso il tetto, che rimanda agli edifici micenei. Analogamente, su un grande altare circolare di circa m. 3,50, destinato a cerimonie per le divinità indigene, venne poi eretto il grande santuario dedicato alle divinità ctonie. Si tratta del più antico dei templi greci in Agrigento ed il rinvenimento di innumerevoli resti di vasetti, ex voto di fattura sicula accanto a reperti più fini, è la prova che indigeni e Greci insieme venivano alle are e, pervasi da medesima religiosità, alle dèe sacrificavano (8).

 

Le celebrazioni misteriche

Il culto delle dèe ctonie si diffuse moltissimo, fino a diventare il più praticato della regione, soprattutto ad opera e per volontà dei Geloi, che avevano avuto fra loro Teline, compagno dell'ecista Antifemo, possessore degli arredi sacri delle dee, lasciati quindi in eredità ai propri discendenti, i Diomenidi, assieme al diritto ereditario al sacerdozio delle due divinità (9). Questi sacerdoti diffusero il culto ovunque potesse arrivare la loro influenza, fino ad Enna, ma il massimo splendore si riscontrò sempre ad Agrigento, dove le Tesmoforie, celebrazioni in onore di Demetra, raggiunsero fastosità e solennità mirabili. Accanto a queste c'erano anche le Antesforie, le feste cantate da Pindaro, con cui gli Agrigentini ricordavano il ratto di Persefone. Ora, è nostra convinzione che tali riti non fossero delle semplici celebrazioni commemorative, ma avessero valore misterico: per essere più precisi, pensiamo che le Tesmoforie si siano trasformate fino ad assumere i valori e le finalità delle Eleusinie, come del resto era accaduto ad Atene. Se così non fosse stato, non si comprenderebbe la necessità dei vari temenoi (recinti) esistenti nel grande santuario dedicato alle dèe. A nostro giudizio, l'esistenza di edifici chiusi, celati alla vista dei profani, contenenti altari, prova che il culto assunse forme segrete. La ricchezza di sacelli e di altari interni ci conferma l'ipotesi che particolari funzioni dovevano svolgervisi; mentre fuori, presso gli altari esterni, tutti avevano la possibilità di svolgere i comuni sacrifici.

È la stessa magnificenza e grandiosità di tutto il sacro complesso che ci fa affermare ch'esso rispondesse ad una concezione religioso-rituale molto complessa. Non si trattava di un tempio adibito a semplici celebrazioni e riti commemorativi, ma di un edificio molto speciale, dove si compiva il miracolo della morte e della resurrezione dell'iniziato o, meglio, del suo principio immortale. Di tali riti, purtroppo, sappiamo ben poco e solo particolari superficiali (10). L'importanza degli arcani cui si veniva introdotti, esigeva il massimo riserbo e per i trasgressori c'era, sicura, la morte o, ancor peggio, il castigo divino. Se Atene era città universalmente nota per la fama dei suoi misteri, possiamo però supporre che anche in altre parti del mondo ellenico possano essersi celebrati gli stessi riti o perlomeno riti molto similari a carattere iniziatico. E, se così è stato, la Sicilia di sicuro, con le sue città ricchissime di magnifici templi, innumerevoli sacerdoti e moltitudini di devoti fedeli, avrà disposto di propri centri di iniziazione. Già sappiamo (11) che a Catania dal culto di Demetra erano esclusi gli uomini e lo stesso accadeva ad Enna (12). Ciò è, per lo meno, indizio che i riti ivi celebrati avevano un carattere, per alcuni versi, riservato. Ancora, tramite Ateneo e Plutarco, sappiamo che in Siracusa si celebravano le Tesmoforie e le Koreia. È inoltre probabile che in Sicilia si celebrassero anche le Katagoge, le Anagoge e, forse, le Theogamie e le Antesforie di Kore. Perché, dunque, non avrebbero potuto avervi luogo cerimonie similari alle Eleusinie? Uno dei fattori che potrebbero avervelo consigliato, potrebbe essere quello economico. Sappiamo che fin dai giorni precedenti i Misteri, Atene rigurgitava di gente che aspirava di sottoporsi ai riti. Ma quanti erano quelli che, anche per motivi economici, non potevano recarvicisi? Moltissimi, supponiamo, visto il carattere democratico e di massa di tale culto (13), se si arrivò a ridurre il tempo fra il primo ed il secondo grado di iniziazione (14). Infatti, mentre in origine gli aspiranti venivano iniziati alle piccole Eleusinie in primavera e dovevano aspettare l'autunno per essere iniziati alle Grandi Eleusinie, diventando epopti, in seguito si ridussero i tempi di attesa a soli pochi giorni di celebrazione in onore di Esculapio. Non bastando ciò, tuttavia, tanta era la fama di cui i Misteri godevano e tanta la gente che aspirava ad esservi iniziata, che una buona soluzione può essere stata quella di istituire in altri luoghi dell'orbe greco diversi centri di iniziazione. L'antica Akragas dovette, secondo noi, essere proprio uno di questi centri: in essa, infatti, si celebravano le Tesmoforie ed a Demetra e Kore era dedicato non un semplice tempio, ma ben due estesi e mirabili complessi sacri.

l templi dedicati al culto

Il più antico consta, nei suoi elementi principali a noi pervenuti, oltre che del santuario rupestre di cui si è prima parlato, anche di un tempio in antis, con cella e pronao di m. 30,20 x 13,30, con stereobate a vespaio a settori paralleli, propriamente dedicato a Demetra, denominato tempio «C» dal Marconi, l'illustre studioso che con passione e competenza ebbe ad occuparsi dei templi agrigentini. Nella valle c'è l'altro grande santuario: tempio «I» e tempio «L», sempre secondo la denominazione del Marconi, ugualmente dedicato alle divinità ctonie. Tutta la zona nord del tempio «I» è stata ritrovata disseminata di piccole costruzioni: altari rotondi, quadrati e rettangolari; piccoli e grandi bothroi; tempietti, recinti a parecchi locali. I dati archeologici fanno risalire il tutto al VII secolo a.C.: esattamente si tratta di tre tempietti, due con pronao, cella ed adyton ed uno con largo pronao a pilastri e cella; due recinti con cinque vani e dieci altari interni; svariati bothroi o pozzetti sacri, e favisse, o depositi sacri. Il tempio «C» venne costruito accanto al santuario rupestre, sebbene la vita della città si fosse spostata a valle e ciò prova che il luogo mantenne integra la sua sacralità anche nei secoli seguenti. Nella venerata fonte ivi esistente le donne venivano a praticare le loro abluzioni mistiche, onde impetrare la fecondità dalla dèa. Là era inoltre raccolta l'acqua necessaria per il bagno di nozze delle vergini. In quelle caverne Demetra si chiudeva, appena terminata la festa, ad attendere il ritorno della primavera e con essa della figlia Kore. E con l'inizio della primavera gli Agrigentini salivano al santuario per festeggiare gioiosamente il ritorno di Persefone-Kore e l'inizio di un nuovo ciclo. Qui soprattutto dovevano aver luogo le Piccole Eleusinie, come indicano le forti impronte lasciate dai pesanti, antichi carri e la grande quantità di lucerne ritrovate sul luogo, che dovevano servire ad illuminare le processioni ed i riti notturni (15). Tutto ciò ci viene soprattutto indicato dalla natura dei luoghi circostanti: un terreno arido privo di vita, richiamante alla memoria il desolato aspetto che dovette assumere la terra durante il periodo di disperata ricerca dell'affranta Demetra. A questi luoghi, a questi momenti del rito, sembra contrapporsi l'altro santuario posto nella verdeggiante valle, quasi a significare un altro periodo dell'anno e della natura, un altro atto del racconto mitologico. Ma l'unità di culto, fra i due santuari, viene ricordata, fra l'altro, dall'insolito orientamento (riscontrato solo fra gli Etruschi), posto per entrambi i templi a nord. Anche qui troviamo nuovi particolari a conferma della nostra primitiva ipotesi: «Il recinto ivi esistente, pensiamo, poteva avere una particolare funzione nel culto, quasi profana rispetto al resto del complesso. Il giro che l’offerente doveva fare per raggiungere la cella occidentale ed essere ammesso ad ammirare ed adorare la divinità, che stava sul basamento, ed offrire la sua offerta sul grande altare, dimostra che una particolare funzione doveva svolgersi nel recinto, forse una iniziazione. L'offerente entrava dal primo corridoio nel vano quadrato che, almeno come resta a noi, era completamente spoglio; un luogo addirittura profano. Di qua era ammesso al vano orientale dotato di un altare quadrato. Era la prima offerta per propiziarsi la divinità ed ottenere l'autorizzazione per essere ammesso alla presenza della sua statua. Una volta imboccato il corridoio del lato meridionale, oltrepassata la seconda porta, era proprio la statua che si presentava alla vista dell'iniziando, già in preda alla suggestione provocata dai luoghi e moltiplicata dalle parole sibilline e dai gesti ieratici del mistagogo. (...) Ma gli elementi più interessanti al fine di una visione completa delle forme di culto sono i tubi ed i Kernoi. I primi dovevano servire per sacrificare alle divinità ignote, mettendoli al di sopra di una fossa antecedentemente preparata, la fossa fatta da Ulisse per sacrificare agli Inferi? I secondi, propri dei riti eleusini, trovati in grandissima copia, dovevano servire (adattandoli ad un bastone per mezzo di un foro centrale) per le sacre processioni notturne, che dal santuario delle divinità chtonie accompagnavano la dèa che si avviava verso il monte per nascondere nella cavità della grotta la sua pena ed il suo pianto, o che in primavera scendeva al piano per assistere al miracolo della variopinta fioritura» (16).

 

PASQUALE CARDINALE

 

NOTE

 (1) Che non è esclusivamente nostra, come si può vedere dal lavoro, anche se condotto con tutt'altri intenti, della dott. Gueli, di cui le presenti note, parzialmente, sono sintesi: cfr. ELISA GUELI, Il culto di Demetra e Kore in Agrigento e santuari ad esso relativi, Palermo 1943.

(2) Fra gli altri, ricordiamo: A. HOLM, Storia della Sicilia nell'antichità, Palermo 1896, vol I, pp. 172-174; CIACERI, Siculi e Greci nella storia più antica della Sicilia, in «Arch.lt. Sic.Or.», 1935, pp. 22-26; CAPUTO, Tre Xoana ed il culto di una sorgente sulfurea in territorio geloo-agrigentino, «Mon. Ant. Lincei», 1937, p. 681.

(3) DIODORO SICULO, V, 4.

 (4) Cfr. A. HOLM, op. cit., p. 107.

(5) VERG., Aen., III, 703-704: «Arduus inde Acragans ostentat maxima longe / moenia, magnanimum quondam generator equorum».

 (6) PINDARO, Pyth., XII, I sgg.

(7) Ora denominato di San Biagio, dalla chiesetta medievale che sui resti dell'altro vicino tempio pagano è stato edificato.

(8) Cfr. CIACERI, Siculi e Greci, cit., p. 22.

(9) Cfr. ERODOTO, VII, 153.

(10) Si veda, a questo proposito, E. SCHURE', I grandi iniziati, Laterza, Bari 1906 (innumerevoli ristampe, anche recenti); A. GUIDI, I Misteri di Eleusi, Edizioni del Basilisco, Genova 1981.

(11) CICERONE, Verr., IV, 45-99.

(12) LATTANZIO, Div. inst., II, 4.

(13) Per questo, ma anche per un necessario inquadramento generale dell'argomento, cfr. R. DEL PONTE, Demètra-Cerere ed il suo culto in Grecia ed a Roma, in Vie della Tradizione, I (1971), 3 e 4, pp. 125-135 e 196-202.

(14) Come molti altri dati a noi pervenuti in forma incerta, anche questo, concernente il lasso di tempo intercorrente fra le due tappe del cammino iniziatico, è dubbio. Quello che ci sembra si possa affermare con sicurezza è che il diventare misti non garantiva il secondo e più ambito grado di iniziazione: e fra gli stessi epopti dovevano esserci delle differenze.

(15) Essendo certo, dalle poche notizie pervenuteci, che nello svolgimento del rito, oltre al buio della notte, un'importanza particolare avevano luoghi sotterranei, come grotte e caverne, vorremmo qui sottolineare come entrambi i territori attigui ai santuari siano ricchissimi di tali cavità. Si tratta di alcuni dei famosi ipogei agrigentini (il cosiddetto «Ipogeo santuario rupestre», «Ipogeo di San Biagio», «Ipogeo "E" ed "F" dei Dioscuri») di cui si può leggere dettagliata descrizione topografica in: L. ARNONE, Gli Ipogei di Agrigento, Agrigento 1952, pp. 12-13, 25. L'autore (p. 45) sembra peraltro piuttosto scettico circa l'ipotesi da noi caldeggiata.

(16) ELISA GUELI, op. cit., p. 85.

A quanti fossero interessati ad approfondire l'ipotesi lisergica, nel complesso della questione dei Mysteria, consigliamo prendere visione dell'interessantissimo studio dell'etnobotanico e psiconauta Giorgio Samorini.

http://www.samorini.it/doc1/sam/samorini-2000-eleusi.pdf 

Il tempio di Demetra visto dalla tomba  di Alexander Hardcastle
Tomba di Alexander Hardcastle con apertura direzionata verso il tempio di Demetra

Sulla straordinaria esistenza di Alexander Hardcastle - scopritore del Tempio di Demetra, fondatore di quello che diventerà il museo archeologico di Agrigento, munifico benefattore della povera gente di Girgenti e molto altro ancora - pubblicheremo uno speciale. A tal proposito sollecitiamo il contributo di quanti volessero collaborare: con segnalazioni, donazioni di documenti, informazioni. Inoltre, saremo grati a chi vorrà farci pervenire, anche in fotocopia un esemplare di Albergo Empedocle di Forster Edward M.

Video dagli archivi di Tele Acras - Il santuario rupestre di Demetra e Persefone.

Quelle che seguono sono personali considerazioni, del curatore di questa specifica sezione, sulla diffidenza sempre mostrata dai tradizionalisti italiani nei confronti del possibile utilizzo delle sostanze enteogene.

Nel corso di quasi mezzo secolo – iniziato, verso la metà degli anni ’70, con un ciclo di sessioni, neo/urban, sciamaniche, presso il centro romano La Balena, Jonas Taking - in cui si è strutturato il rapporto dello scrivente con la “madre di tutte le piante maestro”, si è avuto modo di constatare il categorico rifiuto opposto dal sopra citato ambiente all’uso degli enteogeni. A seguire alcuni casi.

  • L’avversione mostrata nei confronti degli enteogeni - riferitaci da persona che gode della massima fiducia - da parte di Antonio Bonifacio, qualificato esponente tradizionalista e autorevole studioso, intellettualmente interessato, più di ogni altro, a tale problematica. L’occasione è opportuna per segnalare il suo autorevole “La Caverna Cosmica - la potenza dello shamanesimo nell’arte rupestre paleolitica”, edito dalla benemerita Casa Editrice/Associazione Simmetria. Cfr. a riguardo, anche, il suo interessante contributo Mundus Immaginalis - viaggi sciamanici e percorsi psichedelici, ospitato su simmetria.org; sito che consigliamo di abitualmente visitare. Il Bonifacio, infatti, unitamente a tantissimi altri, ha sempre stigmatizzato l’utilizzo delle sostanze psico-attive in quanto incompatibile con una seria pratica realizzativa. A nulla è valso l’avergli fatto notare che persino in ambito essoterico, addirittura autorità teologiche si sono dichiarate non pregiudizialmente ostili: fra questi il Grande Ayatollah Rohani che, con apposita fattwa, ha decretato lecito l’utilizzo degli enteogeni all’interno di uno strutturato percorso di fede; in questo particolare caso quello dei Musulmani Sciiti.

  • Il rifiuto, sempre opposto dai responsabili delle riviste tradizionaliste italiane, a dare spazio a contributi, anche meramente documentali, su tale argomento. Diniego espresso pure da personalità dotate di grande apertura mentale e autonomia intellettuale, com’è anche avvenuto, ad esempio, con il compianto avv.to Gaspare Cannizzo, fondatore di Vie della Tradizione, che si dichiarò “impossibilitato” a dare ospitalità al, più avanti riportato, “INIZIAZIONE AL SANTO DAIME”; articolo pubblicato, in seguito, sul Bollettino d’Informazione della Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza, n.15, Inverno 2004.

  • Il rifiuto ad occuparsi di tale problematica categoricamente espresso da parte di alcuni siti ed organi di informazione online, che solitamente trattano di pratiche realizzative le più disparate. Ha molto divertito, lo rileviamo incidentalmente, la considerazione, fattaci pervenire per via indiretta, “di non voler avere nulla a che fare con fattoni e tossici di qual si voglia natura”. Anche in questo caso, purtroppo, a nulla è valso ricordare loro:

I°) gli specifici contributi sulle “acque corrosive” di cui già ebbero a trattare i componenti del Gruppo di Ur, in “Introduzione alla Magia quale Scienza dell’Io”, Ed. Mediterranee. A tal riguardo si veda il sotto riportato saggio, di Franco Landriscina, (Il Gruppo di Ur e la Via Iniziatica alla Psichedelia), incluso nella “intrigante” silloge: L’immaginazione al podere -che cosa resta delle eresie psichedeliche, volume curato da A. Castronuovo e W. Catalano, edito da Stampa Alternativa-Nuovi Equilibri, il cui fondatore, Marcello Baraghini, ringraziamo per la coraggiosa azione, non solo editoriale, svolta “Contro il comune senso del pudore, contro la morale codificata, contro corrente. Abbattendo muri editoriali che ancora separano e nascondono coloro che non hanno voce. Siano i muri di un carcere o quelli, ancora più invalicabili e resistenti, della vergogna e del conformismo”. Quindi, anche noi invitiamo, ben volentieri, a visitare il “Fronte della Comunicazione” di Stampa Alternativa ed il blog stampa lternativa.it/wordpress;  

II°) essere stato coniato da Ernest Jünger - sì proprio l’anarca - il termine psiconauta, oltre che la consuetudine di pratica con gli psicoattivi dell’Autore di “Sulle scogliere di marmo”, ma anche di “Avvicinamenti - Droghe ed ebrezza”, ed il lunghissimo rapporto di amicizia, stima e collaborazione dello stesso Jünger con Albert Hofmann, lo scopritore dell’LSD; si veda articolo  "Abbiamo preferito il bosco".

III°) il ben diverso convincimento di molti autorevoli esponenti tradizionalisti non italiani, o residenti fuori dall’Italia e perciò meno soggetti all’influenza cattolica imperante nel nostro Paese. Paradigmatico il caso di Roberto Sestito che (in sinergia con la moglie Emirene Armentano) collabora attivamente con cultori della materia quale l’antropologa brasiliana Bia Labate e perfino con realtà daimiste ed ayahuasquere, dandone testimonianza non solo in modo privato -interessante la corrispondenza (archivio C.N.I.I.T.) intrattenuta dal Sestito con Carla Consoli Cardinale, curatrice della sezione A.C.A.B. - ma anche pubblicamente. Si veda in merito quanto dallo Stesso pubblicato in “Il Flauto di Pan”, Bollettino Interno dell’Associazione Culturale IGNIS-SCHOLA HERMETICA, curato dalla Segreteria Latino-Americana. In particolare il n. 3, giugno 2005, significativamente titolato “Influssi sciamanici sulla S.P.H.C.I.”, ed anche quanto riportato, sempre dallo stesso Sestito, nel romanzo “Il segreto di Cagliostro”, reperibile on-line, presso Feltrinelli.

IV°) Quanto affermato da molti stimati ricercatori spirituali, fra i quali Stanislav Grof che a pag. 246 del suo imperdibile “L’ULTIMO VIAGGIO-terapia psichedelica, sciamanesimo, morte e rinascita”, Milano, 2007, Ed. Urra-Apogeo,   dichiara “…io stesso ho avuto l’onore di assistere alle esperienze psichedeliche di diversi insegnanti tibetani e di sentire da altri, tra cui il Lama Govinda, la storia delle loro sedute. Tutti costoro sono d’accordo nell’affermare che le sostanze psichedeliche sono strumenti spirituali di tremendo potere e avvertono che devono essere usate con la massima prudenza. Molti anni fa somministrai personalmente LSD a Solon Wang, studioso e diplomatico appartenente al circolo ristretto di Chiang Kai-Shek a Taiwan. Dopo una vita di studi sul Buddhismo e sulla sua pratica rigorosa che non era riuscita a dargli i risultati sperati, durante la sua prima seduta psichedelica, che poi descrisse nel suo libro The Multiple Planes of the Cosmos and Life (I molteplici piani del cosmo e della vita) Society for Psychic Studies, Taipei, Taiwan, 1979, provò quella che considerò un’esperienza assolutamente autentica del nirvana. Huston Smith, lo studioso di religioni comparate di fama mondiale, ha proposto un quarto punto di vista sul problema del “misticismo chimico”. Nel corso della sua vita provò esperienze psichedeliche profonde: parla quindi con la cognizione di causa che manca a molti altri critici, compreso Meher Baba. Come ci si può aspettare da un personaggio di tale levatura e saggezza, Huston Smith offre una convincente via di mezzo sull’argomento. A suo parere non vi è dubbio che le sostanze psichedeliche facilitino il prodursi di un’esperienza mistica genuina. Tuttavia, mette fortemente in guardia sul fatto che queste esperienze e il loro impatto sulla vita dell’individuo dipendono assolutamente da un contesto più ampio, dalla scena e dall’ambientazione. L’esperienza di un devoto ricercatore dopo anni di seria pratica spirituale e di studi religiosi è sicuramente più valida e influente di quella che può capitare all’ospite completamente impreparato e ignaro di una festa di Berkeley, dove qualcuno ha buttato una manciata di zuccherini all’LSD nel punch alla frutta”.

V°) Ed ultimo punto: a nulla è servito ricordare che fra i “fattoni e tossici,”che sempre sono esistiti, ad iniziare dal periodo Neolitico, se non prima, sono da annoverarsi anche gli iniziati ai Misteri d’Eleusi. Si veda al riguardo, pure, “Il mito e la città di Agrigento” che, debitamente integrato con i portati della tesi lisergica esposta nel volume “Alla scoperta dei Misteri Eleusini” (cfr. la sotto riportata segnalazione editoriale) è stato argomento di discussione seminariale nell’incontro “Da Giufà a Cola Pesce. Interpretazione esoterica di simboli e figure archetipiche della tradizione folclorica siciliana”; Roma, Settembre 2015.

 

Tuttavia qualcosa sta cambiando. Infatti, si è avuto modo di conoscere (in occasione di incontri per la pratica di riti quali: il temazcal e la quest vision, oltre che nel corso di varie sessioni di “lavoro” con piante di potere quali ayahuasca, peyote, san pedro, iboga ed anche con il   kambo) ragazzi che leggono ed apprezzano Autori quali Julius Evola, René Guenon, Frithjof Schuon, ed ancor più ragazze. Indagare i motivi di tale peculiarità sarebbe alquanto interessante. Personalmente crediamo che ciò possa essere conseguenza, forse, dei praticati percorsi formativi di risveglio coscienziale femminile, favorito dall’azione, lo si precisa, non solo culturale, di personalità quali, per fare due soli esempi: l’archeo-antropologa e linguista lituana, Marija Gimbutas e la nostra Selene Ballerini. Oltre che, ed è stato questo ancor più sorprendente del precedente caso, l’incontro avutosi (in due differenti contesti “operativi”) con un sessantacinquenne ed un cinquantacinquenne che, in privato, con orgoglio, si sono qualificati non semplici estimatori del pensiero tradizionale, ma evoliani ortodossi.

Da Chymische Schrifften (1677) di Basilio Valentino (apocrifo)
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